5 curiosità sul panettone che non ti aspettavi: un dolce che è simbolo di uguaglianza
L’ultima settimana di novembre è per molti una festa.
Vagando senza meta tra i pensieri rivolti all’imminente periodo natalizio, ecco che si fa strada un’immagine.
Quella di un cartone colorato, lucido e dalle mille combinazioni. È proprio lui, il panettone, che dallo scoccare della fine dell’undicesimo mese dell’anno, si veste di centinaia di varietà.
Classico, come vuole la tradizione, senza canditi per gli amanti dei gusti semplici, ripieno di crema al limone (o limoncello, per gli audaci) o al cioccolato, per i più golosi, sino alle versioni più particolari.
Il panettone. Chi mai avrà concepito un simile caposaldo della cultura culinaria italiana portando sulle tavole nostrane una vera e propria leggenda che, ogni anno prende vita trasformandosi in una gonfia e succosa bontà.
La storia, che potrebbe essere perfettamente narrata ai bambini come favola della buonanotte, nasce da ben tre diversi racconti, che condividono solo l’alone di mistero tra il vero ed il verosimile.
Dalla Milano rinascimentale ai grandi personaggi: la storia del panettone
Correva l’anno 1495 e il 24 dicembre, Ludovico il Moro, signore di Milano, si accingeva a festeggiare con la corte la Vigilia. Le cucine brulicavano di personaggi indaffarati nella preparazione di piatti succulenti e prelibati, proprio come piaceva ai commensali.
Proprio in questo fermento culinario, il capo cuoco chiese allo sguattero appena dodicenne di sorvegliare la cottura delle ciambelle in forno.
Quel gustoso dolce avrebbe rappresentato l’epilogo perfetto, ed era necessario che anche la cottura fosse a puntino.
Leggi anche: Chi ha inventato il panettone?
Purtroppo, però, il ragazzino, stanco per il duro lavoro degli ultimi giorni, finì con l’addormentarsi e, quei pochi minuti in cui fu assopito, furono decisivi per mandare in fumo il lavoro del cuoco.
La paura prese il sopravvento e, tra la ricerca di una valida spiegazione e il timore della reazione del capocuoco, fino a quando ebbe una sorta di illuminazione.
Ricordò, infatti, di aver realizzato un dolce, tempo addietro, utilizzando gli avanzi dell’impasto delle ciambelle, a cui aveva semplicemente aggiunto uova, burro, canditi e uvetta.
Pur di evitare la peggiore sorte, tentò il tutto per tutto, proponendo la sua ricetta come dessert per gli ospiti del signore di Milano.
Il solo profumo era riuscito a conquistare le narici di tutti i commensali, ma fu il sapore a catturare le papille gustative e la vista, piacevolmente sorpresa dalla buffa forma a cupola del dolce.
Il successo del “pan de toni” si consolidò nella tradizione culinaria meneghina, iniziando, con gli anni, a varcare le mura della corte, diffondendosi a macchia d’olio in tutta Italia, trasformando il suo nome in Panettone.
La vera origine del panettone, però, la si abbina alla scelta, in periodo medievale, di realizzare un pane più ricco di quello di cui ci si cibava quotidianamente.
Le prime testimonianze documentali, però, riportano l’esistenza del Panettone come termine di uso comune, nel 1606, quando questo comparve per la prima volta nel dizionario milanese-italiano.
Sapevi che nella tradizione milanese il tipico dolce è un simbolo di uguaglianza?
Il panettone è, etimologicamente, un “grande pane”. Tre “grandi pani” erano utilizzati per una tradizione natalizia milanese: la cerimonia del ceppo.
Squarciando il velo delle leggende, l’origine del panettone ha tuttavia un preciso fondamento storico. È lo storico Pietro Verri a raccontarcelo nella sua “Storia di Milano”.
I pani grandi venivano simbolicamente spezzati dal pater familias, mentre la famiglia si riuniva attorno al camino per spargere sul ceppo vino e ginepro per tre volte. Questa tradizione è rimasta in auge fino al XV secolo ed erano un simbolo di abbondanza per il popolo.
La tradizione di consumare un pane grande a natale risale ad origini ancora più antiche: dal 1395 tutti i forni di Milano avevano il permesso di cuocere il pane di frumento, che veniva poi utilizzato per questa celebrazione.
Le corporazioni avevano stabilito che lo smistamento tra il pane dei ricchi e quello dei poveri non vi dovesse più essere per Natale, e il Pan de Toni diventava simbolo di uguaglianza tra i ceti.
La prima volta che il termine “panettone” venne introdotto nel dizionario
La prima volta che la parola panettone venne inserita nel dizionario fu nel 1606 e più precisamente ci rifacciamo al glossario milanese-italiano.
Il termine Panaton era riportato come un tipico pane locale particolarmente grosso, che si sfoderava solitamente per celebrare le festività natalizie.
Questa curiosità si lega a doppio nodo con quanto già raccontato e che si lega perfettamente alle tradizioni meneghine.
Un legame ancor più solido con il Natale lo si può vedere nell’edizione del 1839. Ben due secoli dopo, infatti, Panaton venne legato indissolubilmente a “Panaton de Natal” come alternativa linguistica.
Nella definizione sono inseriti anche alcuni ingredienti, come frumento, burro, uova zucchero e uva passa.
Il burro nel panettone? No, grazie! Almeno, fino ai primi del ‘900
Al burro si lega anche la terza curiosità su questo tradizionale dolce. Si dice, infatti, che nella ricetta originale di questo prodotto non fosse compreso il burro.
Come già raccontato, la primissima preparazione di questo prodotto viene fatta risalire alla fine del 1400, quando il mozzo della famiglia Sforza si improvvisò chef per rimediare agli errori del cuoco di corte.
Ne venne fuori, così, un dolce talmente apprezzato da superare le nebbie del tempo e che, ancora oggi, viene assaporato sulle tavole degli italiani. Peccato, però, che il “Pan di Toni” non includesse in alcun modo il burro!
Il gustoso lipido venne inserito con certezza sono nel 1920, quando Angelo Motta tentò di rendere industriale la produzione di questo prodotto.
L’idea ebbe un successo enorme, tanto è vero che ogni anno vengono prodotti oltre 6000 tonnellate di panettoni.
Certo, il gusto dei panettoni artigianali come quello della pasticceria Fiasconaro resta unico, ma nell’immaginario collettivo resta ben salda l’idea del panettone pensato dal signor Motta.
Un modo decisamente unico e coraggioso di reinterpretare una tradizione vecchia mezzo millennio.
Leggi anche: Come riciclare facilmente il panettone
Un po’ di galateo: il panettone si mangia con le mani? Non sempre
Nella tradizione, il Panettone veniva consumato con le mani, ma il bon ton dice il contrario.
Vi sono, infatti, delle clausole che imporrebbero l’uso delle posate per gustare il tipico dolce milanese.
Una delle varianti più in voga nell’ottocento è il panettone alla crema ed è proprio in questo caso che è proibito cedere alla foga.
In questi casi, la fetta di panettone va servita stesa, la crema deve essere distesa di lato e il piatto deve essere accompagnato da forchetta e cucchiaio da dolce.
Con la prima si deve prelevare il soffice pane, mentre il secondo serve a raccogliere la chantilly.
Il panettone può essere un rimedio contro il mal di gola? Chiedete di San Biagio
Infine, tra le 5 curiosità che probabilmente non sapevi sul panettone, figura anche un santo!
San Biagio, che a Milano viene celebrato ogni 3 febbraio, è legato a doppio nodo con la tradizione del tipico dolce.
La leggenda vuole che questo vescovo, un medico vissuto nel III secolo, abbia salvato un ragazzino da un’asfissia causata da una lisca di pesce. Come? Grazie ad un tozzo di pane!
Il folklore popolare ha trasformato poi questa leggenda, attribuendo al panettone proprietà benefiche.
Si dice infatti che consumare questo dolce durante la celebrazione del Santo prevenga dal mal di gola e dai malanni di stagione.
Ultimo aggiornamento 26 Maggio 2022