E continuano a chiamarlo “pane”… La questione dei miglioratori
Scritto da Giuseppe
Il grande pubblico ne è venuto a conoscenza da pochi giorni a questa parte per mano di Striscia La Notizia, la storia (triste) è quella dei cosidetti “miglioratori del pane” di cui tanti, tantissimi fornai fanno largo uso. Ma cosa sono questi miglioratori?
I miglioratori del pane, nel senso più generico del termine, sono degli ingredienti-non ingredienti (nessuno è tenuto per legge a riportarne in etichetta il loro utilizzo) che aiutano sostanzialmente ad ottenere un pane migliore di quello che naturalmente si otterrebbe con l’utilizzo delle materie prime scadenti utilizzate da chi fà uso dei miglioratori. Cerchiamo di scendere nel dettaglio.
I cosidetti miglioratori della panificazione in base alla loro tipologia (ne esistono tanti) servono essenzialmente ad ottenere un impasto più soffice, aumentare la durata del pane, migliorarne il sapore, ottenere un’alveolatura più omogenea, ottenere una crosta fragrante e velocizzare il processo di lievitazione accorciando i tempi di produzione, di conseguenza abbattendone i costi.
A seconda della tipologia di miglioratore, gli ingredienti che lo compongono possono essere: soia, frumento, grassi animali additivi chimici come il propionato di calcio e addirittura derivati del petrolio.
Come già accennato l’utilizzo dei miglioratori nasce per velocizzare il processo produttivo, standardizzare il prodotto e soprattutto migliorare il pane realizzato con farine di scarsa qualità. Le farine scadenti utilizzate da gran parte dei panificatori italiani sono farine a basso costo poichè di varietà povere di glutine e provenienti dall’estero, dove in alcuni paesi le coltivazioni di grano avvengono con l’utilizzo di pesticidi oltre il limite consentito dalla legge italiana e addirittura con alcuni pesticidi in Italia vietati. Inoltre, i grani provenienti dall’estero, spesso Canada e Australia, viaggiano in navi cargo per mesi e mesi prima di giungere sulle nostre coste. Durante il lunghissimo viaggio il grano è esposto a tassi di umidità elevati, oscillazioni di temperatura incontrollata, ed inevitabilmente tende a sviluppare micotossine dannose per la salute umana.
Sviscerata la questione dei miglioratori, vi starete chiedendo se è ancora possibile godere di un buon pane prodotto con ingredienti di qualità e secondo tradizione. Questo pane esiste, io sono fortunato e lo mangio tutti i giorni. E’ ritenuto il miglior pane d’Italia ed è il Pane di Matera IGP.
Il Pane di Matera IGP è prodotto con semola rimacinata di grano duro proveniente solo ed esclusivamente dalla Basilicata di cui il 20% è di varietà Senatore Cappelli, per la lievitazione viene utilizzato lievito madre naturale ottenuto dalla macerazione in acqua di frutta fresca. Il lievito naturale combinato con farine di altissimo livello conferisce al pane profumo, alveolatura della mollica splendida, crosta fragrante, grande digeribilità e lunga vita (shelf life di 9 giorni).
A Matera il pane è storia, anticamente spesso era l’unica cosa che le famiglie potevano permettersi di portare in tavola, per questo si è sempre cercato di farlo al meglio. Il territorio materano, da sempre dedito all’agricoltura, per l’80% è coltivato a grano e cereali, tutte le famiglie di un tempo avevano la loro scorta di grano e quindi di farina che utilizzavano impastare in casa una volta a settimana, l’impasto lievitato veniva poi portato nei forni comuni che provvedevano alla cottura del pane.
4 panificatori materani si sono uniti e hanno ridato vita al pane materano di una volta, costituendo il Consorzio del Pane di Matera IGP, producendo così il pane con le materie prime di un tempo e con tutta l’esperienza di mastri fornai da generazioni, per un prodotto che non ha eguali.
Dalla classica forma a “cornetto”, (ricorda il panorama della murgia materana) crosta fragrante dal colore bruno, all’interno la mollica soffice dal colore giallo paglierino è profumatissima, annusando questo pane si torna indietro alle tradizioni contadine, sà di campagne, di sapori autentici, di ulivi, di grano, cereali, di lavoro contadino. Un gusto che soddisfa e riempe il palato. Questo si che è PANE.
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Ultimo aggiornamento 16 Maggio 2018
In verità affermare che il miglior pane sia quello di Matera rappresenta una ostentata manifestazione di campanilismo, dato che in degustazione questo si è appalesato con gli stessi problemi di altri pani titolati.
Dal puzzo di lievito di birra sulla crosta (che tende ad aumentare durante la conservazione), all’inusuale profumo di camomilla secca nella massa (miglioratore), igroscopia elevata ed ammuffimento che parte dall’interno (dal punto di vista ISPETTIVO ALIMENTARE l’ammuffimento è una banale colonizzazione SUPERFICIALE, come nelle marmellate lasciate in frigo, non parte cioè dall’interno del prodotto), il disciplinare prevede che solo 1/5 delle farine debba essere di provenienza locale (???!!!). A questo punto mi domando e Vi domando quale sia il senso di un tale rivendicato primato?
Tutte condivisibili altresi’ le deduzioni dell’articolo (grano ammuffito canadese con tenori di DON, Aflatossina e OTA ben suoperiori alle possibilita’ di tolleranza).
in realtà affermare che l’autore del post affermi che il pane di matera igp sia il miglior pane rappresenta una ostentata forma di campanilismo dato che in italiano la frase “è ritenuto il miglior pane d’italia” può essere attribuibile a chiunque, persino ad un pugliese, per giunta altamurano! è altrettanto ovvio che preso un pane qualsiasi, in un qualsiasi negozio della città dei sassi, questo può appalesare qualunque tipo di difetto ma (e non devo insegnarlo io ad un esperto) è altrettanto evidente che, nel post, si parla di pane di matera igp, che è cosa diversa da qualsiasi altro tipo di pane del genere “tradizionale” (ad altamura dovrebbero sapere bene quanto sia taroccato il loro pane in giro per l’italia, ma non mi sognerei mai di esprimere giudizi dicenndo che quel pane è di altamura e fa schifo)…circa i difetti riscontrati sarei curioso di sapere a quale panificio ci si riferisce e se era pane igp, considerato che il disciplinare prevede un utilizzo di lievito di birra al massimo dello 0.1 percento, per cui quest’ultimo non può produrre gli effetti negativi segnalati…circa l’uso dei miglioratori, è evidente che non si trattava di pane di matera igp, visto che i soci produttori (pochi, quindi facili da controllare) usano una miscela di semola rimacinata di grano duro esclusivamente lucano, di cui il 30 percento di grano duro senatore cappelli (ovviamente tutto provabile con certificati di tracciabilità nonchè quelli legati ai controlli dell’organismo di certificazione)…il disciplinare, pensato all’inizio del 2000, segna, purtroppo, una paura: quella di non disporre di grano cappelli in proporzioni adeguate, ed ecco spiegato il perchè gli estensori si “tennero bassi” sulle percentuali di grano duro legato al territorio…ho incontrato, qualche mese fa, alcuni tecnici del ministero, per valutare l’ipotesi di alzare le percentuali, perchè è interesse del consorzio mantenere alta la qualità, ed hanno strabuzzato gli occhi, perchè difficilmente arrivano richieste di questo genere, tendenti a complicare la produzione (migliorandone la qualità)…il problema, però, non è quello di chi è più bravo, più simpatico, più famoso, ma di chi prova a fare un prodotto sano…le semole utilizzate dai soci del consorzio arrivano da un piccolo mulino artigianale, che molisce mensilmente i grani acquistati per la produzione, grani stoccati in maniera corretta per evitare la formazione di muffe ed agenti intossicanti vari…è un merito oppure no? quanti panifici NEL MONDO fanno una scelta del genere, legandosi a piccole produzioni di grano locale,a piccole trasformazioni in mulino, a piccole produzioni di pane? smettiamo di fare la guerra dei poveri, non ha senso, e le competenze, dove ci sono e dove sono in buona fede, usiamole per crescere, tutti, indistintamente….e quando facciamo degustazioni alla “cieca”, facciamole stando attenti a quello che si scrive, perchè da esperti si rischia di passare per tifosi, ossia campanilisti…gianni schiuma, tifoso e campanilista difensore del pane di matera igp!
Io mi chiedevo sempre cosa diavolo fossero questi miglioratori, specialmente dopo aver acquistato dei panini molto sospetti di un forno industriale che sono rimasti morbidi per giorni nonostante imperversassero più di 40° di temperatura! Grazie Angela per questo bell’articolo e mi scusi Michele ma non ho capito il suo intervento, per esempio quando parla della muffa che inizia a propagarsi dall’interno si riferisce al pane di Matera? E dove l’ha trovato un pezzo che si ammuffisce all’interno, a Disneyland?! boh? Io mai visto questo fenomeno…
Ritengo di non essere stato chiaro.
Il pane di Matera IGP e quello DOP di Altamura hanno gli stessi problemi. Sono addirittura spovrapponibili in degustazione, ma rincorrerre la caratterizzazione del prodotto attraverso l’uso del Cappelli, non giova alla causa. Il punto centrale è quello dei controlli che non vengono fatti da organi di vigilanza territoriale PUBBLICI.
Sia la millantata attendibilità delle certificazione in regime di haccp che le autocertificazioni di isituti accreditati, non superano il collo di bottiglia del laboratorio pubblico: niente DON, Aflatossina b1 ed OTA. Niente estratti pancreatici di suino (miglioratori di lievitazione_finta_naturale), e niente lievito di birra.
Tutto cio riguarda il solo pane di frumento di grano duro. La globalizzazione dei mercati del frumento e le furberie dei fornetti di vicinato hanno, di fatto, allontanato chi, come quelli della mia generazione, hanno consociuto il pane fatto in casa tanto dei cugini materani e siciliani, che degli altamurani. Quando impastiamo semola rimacianata di grano duro, acqua e lievito madre, i profumi dovranno essere solo e soltanto di semola bagnata e lievito_pasta madre. Lo insegnamo i nonni ortolani negli Orti in COndotta. Da sempre. Poi i bimbi portano a casa un po del lievito. Rifanno l’impasto dopo rinfresco, ed il risultato è sempre uguale. Nessun profumo “estraneo”, solo profumi franchi e di biscotto (reazione di Maillard) Dunque……
Nel 2011 si sono celebrati due Convegni sulla Dieta Mediterrane e la Sicurezza Alimentare. Sono venuti ad Altamura persino i comitati spontanei degli agricoltori dalla lontana Sicilia per urlare la loro rabbia.
Nessuno pastaio, panificatore, imprenditore lucane si è iscritto a parlare (ammesso che ne fosse qualcuno)……..
Non si possono piu’ affrontare argomenti seri, legati alla sicurezza sanitaria del cibo, con la spudoratezza tipica da campagna elettorale.
I contadini dovranno fare massa critica e coordinarsi per generare delle Comunità del Cibo.
Questo si, potrebbe essere “caratterizzante”……Che nel pane poi ci sia la semola di Senatore Cappelli al 30%,il Simeto al 50 ed il korashon al 20%, va benissimo. Cio che conta è il controllo di filiera per escludere le costanti “seduzioni” canadesi. Lo diciamo dappertutto: il grano duro di qualità e il Lucano, Pugliese e Siciliano. Tutto il resto……
Ciao,
Sono un tecnologo di processo di uno dei più importanti panifici industriali d’Italia. Sono capitato per caso sul tuo sito e il tuo articolo è pieno di inesattezze e di affermazione soggettive che non corrispondono al vero.
Faresti meglio a studiare un po’ di ingredientistica e tecnologia dei cereali prima di scrivere
@Simone: ciao Simone, ci farebbe piacere sapere a quali inesattezze ti riferisci e, dato che sei un’esperto, vorremmo conoscere il tuo punto di vista. Parli di “inesattezze” senza specificare quali e, per giunta, senza “correggere” le nostre affermazioni.
Simone, dato che sei un tecnico, puoi informarci su cosa mettono nel pane gli industriali?
Grazie.
Sono un tecnologo anchio , da oltre 40 anni lavoro nel mondo dei prodotti da forno e gli ultimi25 li ho passati in industrie di pane surgelato, e tutt’ora collaboro con esse. Senza dare cope a nessuno, posso pero’ affermare che nelle industrie dove hop lavorato la prassi e’ quella di utlizzo di farine buone, sane e con un contenuto di glutine sufficente a garantire un buon sviluppo dei prodotti. Naturalmente vengono utilizzati icosidetti miglioranti ma in larghissima parte si tratta di prodotti enzimatici che hanno il compito di aiutare il glutine a trasformarsi e alveolare il pane con l’aiuto anche del lievito di birra. Teniamo conto che dove ho lavorato io la prassi e’ quella di dotare ogni impasto di pane con una biga fermentata per oltre 22 ore. (gli addetti al lavoro capiscono cos’e’), la quale oltre a conferire aromi naturali al pane aiuta anche a renderlo piu’ digeribile. Inoltre non e’ uso nelle industrie avere tempi brevi lievitazione poiche’ rendono la gestione del processo piu’ difficoltoso. Quindi farine giuste e anche forti per pani come le ciabatte, oltre a semola e altri ingredienti sani della macinazione del frumento e altro, processi lenti, costituiscono una garanzia diversa da quelle fantomatiche richiamate nel primo articolo di questa pagina, mentre si puo’ affermare che il rispetto delle norme igeniche nelle industrie e’ condizione inequivocabile, mentre nelle realta’ piu’ piccole ci sono cose discutibili.