Storia e origini della pasta di Gragnano
La cucina locale italiana, come quella regionale, è ricca di prelibatezze che affondano le loro radici nei tempi antichi e che, grazie a un’importante opera di trasmissione di generazione in generazione, sono arrivate fino ai giorni nostri, molto spesso, nella versione originale senza modifiche o rivisitazioni.
Uno dei capisaldi della tradizione culinaria campana è la pasta di Gragnano che, come ci indica il nome, è una vera e propria istituzione locale più che regionale, anche se il territorio di appartenenza di tutti gli ingredienti è quello della Campania.
Trattandosi di pasta, inoltre, è facile l’associazione e il binomio con la salsa di pomodoro visto che, anche in questo caso, siamo davanti a un prodotto tipico.
È importante conoscere le origini e la storia degli alimenti e delle ricette che cerchiamo di riprodurre, così come è fondamentale sapere quali sono le caratteristiche di un certo prodotto che decidiamo di mettere nel nostro piatto (come nel caso della pasta di Gragnano).
Questo significa essere consapevoli dell’origine e della storia dei piatti che cuciniamo per i nostri cari o, più semplicemente, per noi stessi.
Proprio per questi motivi ecco qualche cenno storico sulla pasta di Gragnano.
La storia della pasta a Gragnano
La pasta di Gragnano ha origine nella Valle dei Mulini, una vallata dei Monti Lattari e che appartiene geograficamente al territorio del comune di Gragnano, in provincia di Napoli.
In questa particolare zona, come testimonia l’appellativo, per secoli si è svolta l’attività dei mugnai che, appunto, trasformavano il grano della valle in farina.
I primi pastifici nacquero nel XVI secolo, quando dall’unione della farina prodotta in loco con l’acqua sorgiva della valle (e sfruttando quello che era il microclima presente per l’essiccazione) si iniziò la produzione della pasta a Gragnano.
Sempre in quel periodo ci fu l’introduzione delle prime tecnologie utili alla produzione della pasta, ma la considerazione che si aveva in quel periodo della pasta era molto bassa, tanto che veniva consumata prevalentemente dalle classi meno agiate e fortunate.
Questa tendenza durò fino al XVII secolo, quando dopo la carestia nel Regno di Napoli, la pasta divenne un prodotto di largo consumo, grazie alle sue qualità nutritive e al fatto di poterla produrre su larga scala e a basso costo grazie allo strumento delle trafile.
Lo sviluppo della pasta prodotta a Gragnano, ma in generale di tutta la produzione pastificia nella provincia di Napoli, ha accompagnato tutti i luoghi comuni che associavano gli abitanti della città campana a espressioni come “mangiamaccheroni”.
Il culmine si toccò comunque nel XIX secolo, quando oltre ai numerosi produttori locali iniziarono a comparire le grandi aziende, insediatosi soprattutto lungo via Roma e piazza Trivione.
Non mancano anche alcuni curiosi riferimenti culturali alla pasta di Gragnano come nel caso, ad esempio, della poesia composta dal poeta Gennaro Quaranta che rispondeva al pessimismo cosmico leopardiano, esaltando le qualità dei maccheroni, scriveva:
«E tu fosti infelice e malaticcio, o sublime Cantor di Recanati, che bestemmiando la Natura e i Fati, frugavi dentro te con raccapriccio. Oh mai non rise quel tuo labbro arsiccio, né gli occhi tuoi lucenti ed incavati, perché… non adoravi i maltagliati, le frittatine all’uovo ed il pasticcio! Ma se tu avessi amato i Maccheroni più de’ libri, che fanno l’umor negro, non avresti patito aspri malanni… E vivendo tra i pingui bontemponi giunto saresti, rubicondo e allegro, forse fino ai novanta od ai cent’anni…»
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Ultimo aggiornamento 23 Maggio 2022